Da sinistra Massimo Bacigalupo, Anna Lajolo e Alfredo Leonardi. Roma, 1970. (Courtesy Massimo Bacigalupo).
«Caro Leonardi,
[…] come dicevo a Mekas, la cinematografia mi ha preso completamente [...]. Già da ragazzo amavo il linguaggio delle immagini. A 12 anni, fotografavo con un fuoco fisso da poche lire. Sono passato poi ad una fotocamera più versatile. Nonostante alcune foto discrete – la macchina fotografica mi era nemica. Non ero ancora in grado di costringerla a rendermi l’immagine voluta – così ci fu una grande battaglia fra noi due. Arrivai ad avere nel 1962 una piccola cine (prestata). Primo film a soggetto La legge è uguale per tutti (animazione), mandai questo film ad un nazionale – primo premio. La Cinecamera mi portò ancora alla macchina fotografica. Finalmente riuscivo a ottenere quanto programmato, poi, ancora più; sino a che la reflex (foto) si inginocchiò a tutti i miei capricci. 1964. Intanto filmavo da indipendente - solo e contro tutti-. Il surff 1° film sperimentale (la prima volta che mi lasciai andare, improvvisando), ricordo l’assistente alla lampada mi lasciò, dicendomi che ero pazzo, dovetti continuare da solo. Ero in cerca però di un tipo di tecnica che mi permettesse di filmare e fotografare contemporaneamente. A questo punto, pensai a Lumière, Dziga Vertov, Cocteau; e mi dissi “ammettiamo che tutto quanto è stato fatto sino ad ora in cinema sia tutto un errore”, d’accordo - allora l’unica strada è iniziare da principio - cioè - dal momento in cui nacque il cinema - da fotografie. Per altro, io sono sempre stato convinto e lo sono tuttora, che il fotogramma singolo (filmcomica) sia stato troppo presto accantonato. Nel 1965 produco L’eccesso, una presa in giro sul frenetico muoversi dell’umanità. In questo film abbinai la tecnica d’allora con la cinecamera moderna – quindi teleobbiettivi, primi piani ecc. Mi accorsi subito che quella era la strada da percorrere. Studiai le reazioni del mio pubblico e capii che lo stesso desidera (anche se apparentemente disgustato) immagini violente. […] Per conto mio la cinepresa deve integrarsi. Far parte del corpo, mentre si filma. Il pensiero resterà così estraneo al mezzo meccanico, dev’essere già spettatore della pellicola che man mano si impressiona. […] Io sono uno che ama il Cinema. Sono anche convinto che in futuro la cinecamera sarà usata da tutti come una comune PENNA A SFERA, ora però siamo ancora alla penna di struzzo. […] tanti cordiali saluti,
Gianfranco Brebbia» .